Tesori in frantumi

Una voce dall'abisso

Archivio per la categoria “costume”

Dal divorzio all’aborto fino alla #Cirinnà

giovedì 11 febbraio 2016

 

Il testo sulle cosiddette “unioni civili” (Ddl Cirinnà), di cui il 26 gennaio è cominciato l’iter al Senato, appare come figlio legittimo della legge sul divorzio (introdotta in Italia nel 1970) e della legge sull’aborto (introdotta in Italia nel 1978). Da quando il matrimonio ha cessato di essere indissolubile, la maggior parte delle persone ha cominciato a pensare che l’uomo e la donna abbiano ragione di stare insieme solo fin quando “si amano” nel senso più sentimentale del termine (come vedremo meglio in seguito). Perché, dunque, due persone dello stesso sesso che “si amano” non potrebbero contrarre il matrimonio o qualcosa che gli somiglia (l’unione civile)? E infatti il Ddl Cirinnà equipara le unioni omosessuali alle unioni eterosessuali. Da quando è lecito abortire, la maggior parte delle persone guarda ai bambini in formazione (embrioni e feti) non più come a persone sacre e inviolabili ma come a cose che possono essere tolte di mezzo. Ma se è lecito toglierli di mezzo, perché non dovrebbe essere lecito anche “produrli” con ogni mezzo, anche il più innaturale, come la fecondazione assistita e l’utero in affitto? E infatti, il Ddl Cirinnà potrebbe spianare la strada prima alla legalizzazione della cosiddetta adozione gay e poi anche alla legalizzazione dell’utero in affitto.

 

Continua:

http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=17&id_n=38364

Il Carnevale, ovvero l’elogio della follia cristiana

  • Prima del Romanticismo, è stato il Cattolicesimo a valorizzare la sfera a-razionale, la fantasia… e anche la follia.

Caro Langone, la colpa del crollo demografico è più di voi uomini che di noi donne

Febbraio 4, 2016 Giovanna Jacob

I dati indicano che le donne desiderano sposarsi e fare figli anche da giovani. Università o meno. Sono i maschi che rimandano, preferendo la “singletudine”

Caro Langone, la colpa del crollo demografico è più di voi uomini che di noi donne

Il femminismo cattolico è l’unico vero antidoto al maschilismo

ottobre 2, 2015 Giovanna Jacob

C’è un femminismo ateo e materialista e un femminismo cattolico. Se il primo ha fatto male a tutti, il secondo ha fatto bene sia alle donne sia agli uomini.

Il femminismo cattolico è l’unico vero antidoto al maschilismo

Perché Renato Pozzetto sarà sempre meglio di Johnny Depp

Alcuni giorni fa su tempi ho asfaltato Johnny Depp e quelli come lui che buttano in discarica la madre dei loro figli per farsi quelle con la meta’ dei loro anni nell’illusione di tornare giovani. Il gramde Pozzetto batte Johnny versione Gloria Swanson sul viale del tramonto 10 a zero. Eddai, cliccate consiglia e condividete!

Perché Renato Pozzetto sarà sempre meglio di Johnny Depp

LE MIE DISAVVENTURE ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI CHICAGO, CON UTLI INSEGNAMENTI MORALI: attenti alla Air Berlin e pure alla Alitalia.

La scorsa settimana scorsa sono stata per la prima volta negli Usa. Il viaggio di andata è andato benissimo, quello di ritorno è stato molto difficoltoso. In un piccolo post su Facebook ho descritto in maniera molto sommaria le disavventure che mi sono capitate all’aeroporto internazionale di Chicago. Pensavo che il mio post lo avrebbero letto solo gli amici di Facebook. Invece, pare che abbia attratto l’attenzione di molte persone esterne alla cerchia dei miei amici. Un tizio di cui non faccio il nome ha condiviso il suddetto post, commentandolo in maniera abbastanza sprezzante: «Le concatenazioni che danno vita a vere e proprie commedie degli equivoci, la fiction cinematografica ne ha tratto film piuttosto divertenti, sono sempre possibili. Qui però vedo molta approssimazione, improvvisazione e persino “voglia di stellone italico”. Tutto bene e comprensibile diciamo sotto i 30 anni, quando tutto diventa avventura e divertimento e vacanza». Io ho protestato: «Please conoscere bene le situazioni prima di sparare commenti sprezzanti per darsi arie da viaggiatore consumato». Lui ha ribattuto: «Gentile Giovanna Jacob, attraverso un tag, mi ha semplicemente chiesto un parere sulle vicissitudini da lei descritte e rimbalzate sul web, Le ho espresse sulla base di quanto era riportato sul post, non avevo altri elementi».

Non so se è proprio vero che il mio racconto è rimbalzato sul web. Se è vero, credo sia opportuno fornire adesso un racconto più dettagliato. Poiché scrivere su uno smartphone è scomodissimo, ho tralasciato molti fatti. Volevo scrivere un piccolo pensiero “esistenziale” sulla mia disavventura aeroportuale, non un pezzo per una rivista di viaggi. Ma se volete un pezzo in stile “touring club”, eccovelo servito.

Innanzitutto, riguardo ai viaggi in aereo io sono certamente inesperta ma il mio compagno di viaggio non lo è assolutamente: è andato più volte negli Usa, Chicago compresa, e non ha mai perso un volo. Egli ha fatto più volte il tragitto da downtown (detta anche Chicago loop) all’aeroporto O’Hare e non ci ha mai messo più di mezzora-quaranta minuti. Esattamente sette giorni prima, subito dopo essere sbarcati negli Usa, il tragitto in taxi dall’aeroporto alla città non era durato più di quaranta minuti (avevo cronometrato il viaggio per sicurezza). Siccome dunque non siamo cialtroni approssimativi con “voglia di stellone italico”, avevamo preso la strada dell’aeroporto ben tre ore prima della partenza del nostro aereo. Contavamo di arrivare all’aeroporto almeno due ore prima della partenza. Ma quel giorno, proprio negli stessi istanti in cui salivamo a bordo del taxi, un gigantesco tir si rovesciava e spargeva un liquido pericoloso sulla superstrada, coinvolgendo una decina i automobili in un gigantesco incidente a catena (questa mi ricorda proprio “Il maestro e Margherita”). Quando il nostro taxi è entrato sulla superstrada, il traffico era ormai completamente paralizzato. Camminando a passo d’uomo, il taxi è arrivato in aeroporto circa 55 minuti prima della partenza del nostro volo. Ora che abbiamo finito di scaricare i bagagli, entrare nel terminal, individuare e raggiungere il gate giusto, mancavano poco più di quarantacinque minuti alla partenza del nostro aereo. Pensavamo che dovessero bastare, considerando che la maggior parte delle compagnie chiudono il gate fino a mezz’ora prima, alcune perfino quindici minuti prima. Oltretutto noi avevamo fatto il check-in online. E invece quarantacinque minuti non sono bastati: il gate era ormai chiuso.

La prima cosa che abbiamo fatto è cercare personale della compagnia da cui avevamo acquistato i biglietti: la Air Berlin. Ma al gate non c’era un solo dico un solo impiegato della Air Berlin. C’era solo un numero telefonico sul cartello della suddetta compagnia. Digitiamo il numero sul cellulare: un impiegato scorbutico con accento tedesco ci dice che non è possibile né essere rimborsati né avere un altro volo con lo stesso biglietto. Aggiunge che per avere un altro volo in giornata con la stessa compagnia dobbiamo sborsare 2000 euro a cranio. Ma siamo matti? Quando protestiamo, lui ribatte che non dobbiamo lamentarci con la Airberlin ma con la Alitalia, che sembra avere organizzato il nostro pacchetto viaggio Milano-Chicago e ritorno. Infatti, da Milano a Berlino avevamo viaggiato con Alitalia mentre da Berlino a Chicago avevamo viaggiato con Air Berlin. Al ritorno avremmo dovuto viaggiare da Chicago a Berlino con Air Berlin e da Berlino a Milano con Alitalia. Allora andiamo al gate della Alitalia sperando di trovare qualcuno che parla la nostra lingua, dal momento che spiegare questioni così delicate in un’altra lingua è faticosissimo. Lì all’ufficetto della Alitalia troviamo solo una impiegata afroamericana. Ci dice che l’unico responsabile italiano quel giorno non c’è e che lei non può aiutarci in nessuna maniera. Allora digitiamo sul cellulare il numero della Alitalia segnato sul cartello: un tizio maleducato ci dice che del nostro volo alla Alitalia non ne sanno nulla e che dobbiamo prendercela con la Air Belin. E siamo da capo. Nuova telefonata alla Air Berlin, nuovo buco nell’acqua.

A quel punto ci rassegniamo al pensiero di dovere acquistare un altro biglietto. Cerchiamo una biglietteria generale: non ce n’è una. Cerchiamo un servizio informazioni: non ce n’è uno. Gli unici che ci danno qualche informazione sono quelli del pronto soccorso. Allora cerchiamo di acquistare direttamente i biglietti prima nel gate di una compagnia: ci sparano cifre astronomiche. Proviamo nel gate di un’altra compagnia: altre cifre astronomiche. Per trovare biglietti che fanno al caso nostro, ossia che non ci mandino sul lastrico, dobbiamo potere confrontare i prezzi di tanti diversi voli di tante diverse compagnie. In poche parole, dobbiamo potere consultare un sito come Momondo. L’unica connessione wi-fi disponibile in aeroporto è a pagamento (Boingo). La paghiamo senza pensarci due volte, consultiamo Momondo e troviamo un volo che fa per noi: partenza martedì 23 giugno alle 16.30 ora di Chicago, scalo di due ore al J. F. K. di New York, arrivo a Milano alle 11.30 di mattina ora italiana. Costo: 700 dollari ossia 660 euro. Compagnia: Jet Blue da Chicago a NY e poi Emirates da NY a Milano. Perfetto. Tiriamo fuori la sua carta di credito: non funziona. Tiro fuori la mia: non funziona. Chiedo a mio padre di provarci lui da Milano: neppure la sua carta funziona. Siamo affranti. L’ultima spiaggia sembra essere il consolato italiano di Chicago, che a quell’ora della domenica è chiuso. Sul sito leggiamo che è aperto al pubblico dalle 9 alle 12 dal lunedì al venerdì. A quel punto capiamo che l’unica cosa che possiamo e dobbiamo fare è arrenderci: resteremo a Chicago almeno altri due giorni. In fondo siamo contenti di avere almeno un altro giorno a disposizione per gustarci questa città straordinaria.

Come è andata a finire? Non malissimo. Alla sera della domenica mi rilassavo beatamente sul divano regale del salottino regale – con bow-window all’inglese – della nostra residenza regale di Bronzeville, pensando che alla mattina del giorno successivo mi sarei presentata al consolato italiano, in Michigan Avenue, alle nove in punto. Invece il mio compagno di viaggio aveva deciso che non si sarebbe dato pace finché la sua carta di credito non avesse funzionato a dovere. Sennò uno la carta di credito che ce l’ha a fare? Senza mai staccarsi dal suo piccolo pc da viaggio, tenta e ritenta ininterrottamente di comprare due posti in quel volo. A sorpresa, dopo un numero imprecisato di tentativi vani, la sua carta improvvisamente e inspiegabilmente funziona e il volo per Milano è nostro. E’ nostro!!!! Come si spiega il prodigio? Non si spiega. La nostra ipotesi naif è che le carte di credito italiane non funzionino alla domenica ma tornino al funzionare al lunedì. Infatti, quando riprende a funzionare, a Chicago è notte mentre in Italia è mattina e quindi le banche italiane sono aperte.

Il lunedì 22 giugno è stato meraviglioso, la mattina di martedì 23 giugno pure. Ed è il momento di prendere i bagagli. Le recenti disavventure ci hanno insegnato che è sempre meglio evitare la superstrada. Allora prendiamo la cosiddetta Blue Line (la metropolitana underground, che collega Chicago loop all’aeroporto internazionale O’hare). In poco meno di un’ora siamo all’aeroporto. Passiamo tutti i controlli, ci presentiamo al gate con larghissimo anticipo, rilassati e contenti. Ma ci aspetta una piccola brutta sorpresa: a causa di una tempesta che si abbattuta sull’aeroporto J. F. K. di New York, il nostro volo partirà con due ore di ritardo. Che cosa? Due ore? Ma in due ore noi perdiamo la coincidenza!!! Allora parliamo con l’impiegato della Blue jet: «Tranquilli, anche col ritardo arriverete molto tempo prima della partenza del volo per Milano». Ci sembra strano. Forse che il viaggio da Chicago a NY duri meno di quanto pensiamo? Dopo un’oretta, il mio compagno di viaggio capisce l’equivoco: l’impiegato pensava che noi fossimo imbarcati sul volo precedente al nostro. Allora torniamo da lui, gli spieghiamo la situazione e succede una cosa incredibile: lui non solo ammette di avere sbagliato ma (forse temendo anche di perdere il posto) fa di tutto per rimediare alla gaffe. Con una sollecitudine pazzesca riesce a procurarci in men che non si dica un posto nel volo precedente al nostro, senza chiederci alcun supplemento di prezzo. E così siamo a New York in tempo per prendere l’aereo della Emirates. Dell’aereo e del servizio a bordo della Emirates possiamo solo dire che è eccellente: ottimi pasti, poltrone comode, personale molto gentile, scelta vastissima di film sullo schermo interattivo piazzato davanti a ciascuna poltrona. Io ho potuto vedere “Birdman”, che è molto recente. Al piano superiore dell’aereo c’è perfino un bar lounge e un negozio duty free. E finalmente siamo a casa.

Conclusioni. La nostra disavventura ci ha insegnato tre cose: primo che è meglio raggiungere gli aeroporti con i treni, secondo che è meglio evitare le compagnie aeree tedesche o almeno è meglio evitare la Air Berlin e terzo è meglio non fidarsi neppure della Alitalia. Per quanto riguarda il viaggio verso l’aeroporto, meglio prendersi un’ora su treno o metropolitana, che sai quando parti e sai quando arrivi, piuttosto che prendere l’automobile o il taxi, che sai quando parti e non sai quando arrivi. Se non c’è traffico le quattro ruote sono più veloci del treno, se c’è traffico rischi di perdere l’aereo. E come fai a prevedere se ci sarà traffico oppure no? Per quanto riguarda la Air Berlin, il personale tedesco non ha una particolare propensione a trattare i clienti italiani col dovuto rispetto ed inoltre chiude il gate troppo presto, dimostrando il massimo del disprezzo per i viaggiatori in difficoltà. Per quanto riguarda l’Alitalia, i suoi impiegati sono dei cialtroni protetti dai sindacati che non hanno mai avuto voglia di lavorare. L’Alitalia è una compagnia cialtrona, fallimentare e fallita, che per non essere stata lasciata morire tanto tempo fa, come era giusto che fosse, ha succhiato troppo a lungo il sangue ai contribuenti italiani. Quei cialtroni dovrebbero fare viaggiare noi italiani gratis solo per risarcirci dei soldi che ci hanno preso.

Se vi volete bene, viaggiate con la Emirates: vi riservano un trattamento a cinque stelle anche se viaggiate in classe economica. Invece la Airberlin offre un servizio a bordo meno lussuoso, chiude il gate troppo presto e non rispetta i clienti. E non voglio cedere alla tentazione di trarre dal comportamento del personale della Air Berlin conclusioni affrettate in stile Giovannino Guareschi sul carattere dei tedeschi. D’altra parte, mi dicono che anche gli stessi clienti tedeschi parlano male della Air Berlin: https://de.trustpilot.com/review/www.airberlin.com

Madonna e l’eterna giovinezza

Finalmente è apparso il nuovo sito di Pepe. Ne approfitto per linkare il mio artcolo su Madonna la cantante e la morte. Ci credereste che la chirirgia estetica, di cui la nostra amata cantante abusa sistematicamente, è una prova indiretta dell’immortalità dell’anima?

Se la morte è la cosa più naturale, da dove viene il desiderio di non morire? Come l’orrore della morte dice l’anima immortale, così l’orrore della vecchiaia parla della resurrezione.

http://www.pepeonline.it/index.php/component/k2/item/134-madonna-e-l-eterna-giovinezza

Cari cattolici, Halloween l’abbiamo inventata noi. Non lasciamocela scippare da streghette e satanisti

OGGI E’ APPARSO SU “TEMPI” UN MIO ARTICOLO SU HALLOWEEN CHE E’ UNA SINTESI E UN APPROFONDIMENTO DEGLI ARTICOLI GIA’ APPARSI SU CULTURA CATTOLICA.

MI RACCOMANDO, TUTTI SUL SITO DI TEMPI A CLICCARE “MI PIACE” SULL’ICONA DI FACEBOOK!!!!!!

Cari cattolici, Halloween l’abbiamo inventata noi. Non lasciamocela scippare da streghette e satanisti

DUE ESTRATTI:

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Si sa che in Francia, a partire dal XIV secolo, si usava inscenare la “danza macabra” ogni 2 novembre: figuranti mascherati da contadini, cavalieri, re, mendicanti, preti, artigiani, dame eccetera (i principali tipi umani della società di quei tempi) venivano condotti alla tomba da un figurante mascherato da morte oppure da diavolo. (Fra parentesi, troviamo una messinscena della danza macabra, che ricorda da vicino quelle tardo-medievali, nella parte finale di un famosissimo film: Il settimo sigillo di Ingmar Bergman). Nella maggior parte degli affreschi e delle miniature sul tema della “danza macabra”, molto caro agli artisti del cosiddetto “autunno del Medioevo” (secoli XIV e XV), non mancano, appunto, i particolari macabri: non solo teschi e scheletri ma anche corpi feriti, cadaveri infestati dai vermi eccetera. D’altra parte, teschi, scheletri e ogni genere di riferimenti alla morte e alle realtà preternaturali abbondano nell’arte di tutto il Medioevo e anche nell’arte barocca. Sulle pareti di certe chiese di epoca barocca troviamo perfino pile di teschi e ossa umane (si veda ad esempio San Bernardino alle ossa a Milano). Nei capitelli e nei bassorilievi delle cattedrali medievali proliferavano diavoli, anime supplizianti e bestie mostruose (simboli, queste ultime, dei vizi capitali). Lungo i canali di scolo che circondano i muri esterni delle cattedrali proliferavano invece i misteriosi gargoyles: creature fantastiche, ibride, polimorfe, spaventose, uscite direttamente fuori dalle profondità dell’inconscio popolare. Esagerando un poco, si potrebbero trovare dunque delle somiglianze fra molta arte cristiana, medievale e barocca, e il moderno cinema horror. D’altra parte, l’Inferno di Dante contiene dettagli che potremmo addirittura definire “splatter”: dannati ustionati, squarciati, congelati… Non mancano neppure riferimenti al cannibalismo: il “fiero pasto” del conte Ugolino è degno di Non aprite quella porta.
A questo punto, una domanda sorge spontanea: ma tutte queste immagini macabre non saranno forse diseducative, non accarezzeranno forse i bassi istinti sadici del pubblico, non desacralizzeranno e non banalizzeranno il tema della morte? La risposta è no. Queste immagini hanno una funzione sommamente educativa: ricordano a grandi e piccini che prima o poi tutti, sia mendicanti che imperatori, dovranno fare i conti con la morte (“memento mori”), insegnano a temere le insidie del tentatore e ammoniscono che, a causa del “principe di questo mondo”, il mondo è un posto pericoloso, pieno di “mostri” in forma umana pronti a farti del male. Bisogna sottolineare che i cristiani possono guardare con serenità alla morte e al male perché sono certi che Cristo ha vinto entrambi. E così si capisce perché l’arte cristiana contiene molti riferimenti al male e alla morte, mentre l’arte classica ne contiene ben pochi. Privi del dono della speranza, i pagani antichi si inebriavano con immagini marmoree di corpi splendenti di bellezza e giovinezza proprio per non pensare al triste destino dei corpi.

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Infatti, a differenza del paganesimo antico, il Cristianesimo cattolico romano è una religione ottimista e festosa. Se i pagani facevano di tutto per non pensare al dolore e alla morte, invece i cattolici possono perfino ridere e scherzare, almeno una volta all’anno, anche della morte e del diavolo, perché sanno che Cristo li ha sconfitti. E le maschere macabre e orrorose che vanno in giro per le strade nella notte di Halloween sono discendenti moderne di quel popolo di diavoli, supplizianti, cadaveri, teschi, scheletri, bestie mostruose e gargoyles che vediamo nelle cattedrali medievali e nelle chiese barocche. Sicuramente le leggende popolari irlandesi sulle apparizioni di morti e di demoni nel momento del passaggio dall’estate all’inverno non avevano alcuna seria giustificazione teologica e tuttavia affondano le loro radici proprio nella teologia cattolica. Erano leggende cristiane dotate di un indubitabile valore pedagogico: in primo luogo invitavano i fedeli a pregare per le anime dei defunti, in secondo luogo li aiutavano a non dimenticare che anche loro un giorno sarebbero stati defunti (“memento mori”), in terzo luogo li invitavano a temere gli inganni e le seduzioni del tentatore. In conclusione gli scherzi, le risate, i travestimenti macabri non servo ad “onorare” il demonio, ma al contrario servono per celebrare la vittoria di Cristo sul demonio e ad esorcizzare la paura della morte.

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GargoylesDanzaMacabra

Riprendiamoci Halloween 5 – I gargoyles e il significato dell’horror

Rispetto ai costumi e alle maschere tradizionali del Carnevale, quelli di Halloween sono molto più macabri e spaventosi. Si potrebbe dire che discendano direttamente dal popolo di demoni dalle fattezze bestiali che ornano le pagine dei libri medievali e dai gargoyles: mostri di pietra che, attaccati ai canali di scolo che circondano i muri esterni delle cattedrali medievali, sputano l’acqua piovana dalla bocca. I gargoyles sono creature fantastiche, ibride, polimorfe, spaventose, uscite direttamente fuori dalle profondità dell’inconscio popolare.

Certo, oggi ad Halloween non si parla più di anime purganti, di diavolo e di Dio. Non si esorcizza più la paura del diavolo e della morte alla luce della redenzione. Al massimo si esorcizzano le paure più profonde, prendendosi allegramente gioco di tutte le cose che ci fanno paura fin da quando siamo bambini: i mostri, le streghe, i ragni, eccetera. Ad Halloween ci si maschera da “mostri” paurosi per esorcizzare le proprie paure diventando noi stessi “paurosi”. Halloween è oggi il tempo in cui si esprimono liberamente in forma fantastica le paure che si annidano nei livelli profondi dell’inconscio.
Era inevitabile che nel repertorio dei mostri di Halloween entrassero anche i personaggi della letteratura e del cinema horror, in misura minore anche quelli dei fumetti. Infatti, ogni epoca ha il suo immaginario, e quello della nostra epoca si manifesta nei prodotti della cultura di massa. E’ vero che Halloween non è la notte delle streghe, ma le maschere e i costumi di streghe ci stanno bene, perché le streghe appartengono al repertorio delle cose che ci spaventavano dai bambini. Nel nostro inconscio c’è sempre la paura della strega. E ben vengano anche le maschere dei vampiri, degli zombi, del mostro di Frankenstein eccetera. E siccome tutti abbiamo una ripugnanza istintiva per i ragni e i pipistrelli, ben vengano ragni e pipistrelli di cioccolato a decorare, come i gargoyles sulle cattedrali, i tipici dolci americani di Halloween.
In conclusione, è vero che oggi i nichilisti e, in misura molto minore, i satanisti e i neo-pagani si sono appropriati di questa festa dell’immaginazione cristiana, corrompendola. Ma allora che facciamo: gliela lasciamo a loro? Gliela diamo vinta così? Non è meglio cercare di riprendercela, restituendole il suo significato originario? E a dispetto delle apparenze, l’immaginario horror romantico che si è appropriato di Halloween gioca a nostro favore.
Dunque, il popolo di personaggi macabri che sono entrati di recente nel mondo immaginario di Halloween provengono prevalentemente dalla letteratura e dal cinema horror. Certo, c’è horror e horror. L’horror romantico (quello di scrittori come Edgar Allan Poe, Ernst Hoffmann, Bram Stocker) è molto diverso dall’horror sadico e nichilista che oggi va per la maggiore. Se quest’ultimo ha qualche cosa di implicitamente satanico (perché la violenza è sempre satanica, anche se non necessariamente legata a culti satanisti), invece l’horror romantico è agli antipodi del satanismo, è anzi intimamente cristiano. Dracula ad esempio è un “seduttore” demoniaco di fanciulle che può essere allontanato brandendo una croce. Chi dubitasse della fede cristiana di Poe, dovrebbe leggere la poesia Ad una in paradiso e il racconto Il gatto nero, in cui lo scrittore denuncia con incredibile lucidità il gusto del male che c’è nel cuore di ogni uomo. Dopotutto, anche l’Inferno di Dante può essere considerato vicino al genere horror. I grandi autori horror non mirano ad esaltare ma, al contrario, a suscitare la paura del male delle potenze demoniache. Infatti, nei racconti horror romantici sono quasi sempre presenti elementi soprannaturali di pura fantasia (fantasmi, spiriti, non morti eccetera) che, indirettamente, alludono al soprannaturale negativo. Dario Argento, che ha donato al mondo due capolavori di horror romantico comeSuspiria e Inferno, in una intervista ha dichiarato che lui fa il cinema horror perché crede in Dio e quindi ha paura del diavolo (cfr. Claudio Pollastri, “Vado a Messa ma vivo tra spettri e lupi”, Studi Cattolici, n° 616, giugno 2012).
Da un certo punto di vista, anche i racconti horror hanno una funzione educativa: insegnano che il mondo è un posto pericoloso pieno di gente pronta a fare del male a causa del Principe di questo mondo. Ma Cristo lo ha sconfitto. A proposito dei demoni e mostri, mi viene in mente un brano da Kristin figlia di Lavransdi Sigrid Undset. Contemplando un dipinto che raffigura una santa alle prese con un drago, Kristin dice: «Mi pare che il drago sia molto piccolo (…) non sembra in grado di potere ingoiare la Vergine.» E il frate che l’ha dipinto risponde: «E infatti non c’è riuscito. Eppure non era più grande di così. I draghi e tutti gli strumenti del diavolo ci sembrano grandi finché la paura ci possiede, ma se una creatura aspira a Dio con tutta l’anima sua fino a potersi avvicinare alla sua potenza, la forza del diavolo di colpo viene abbattuta, tanto che i suoi strumenti diventano piccoli e impotenti. I draghi e gli spiriti malvagi sprofondano e non sono più grandi di rane, di gatti e di cornacchie

Riprendiamoci Halloween 4 – Il Carnevale cattolico, festa di “pazzia” ma non di immoralità

La verità è che Halloween non ha radici pagane. Le origini di questa festa devono essere cercate molto più a sud che in Irlanda, precisamente a Roma. L’unica ragione per cui ancora oggi in Nord America la gente si maschera e fa baldoria la notte del 31 ottobre è che molti secoli prima della scoperta dell’America, in un primo novembre del secolo VIII, un Papa consacrò una cappella della basilica di san Pietro a tutti i santi, e decise che ogni primo novembre nella città di Roma si festeggiasse la festa di Ognissanti. Un secolo più tardi (835), il re franco Luigi il Pio decretò, su richiesta di papa Gregorio IV, che ogni primo novembre si festeggiasse Ognissanti in tutti i territori carolingi.
E la vigilia di Ognissanti? Bisogna tenere presente che in origine, i cristiani festeggiavano tutte le vigilie delle feste liturgicamente importanti, non solo la vigilia di Natale. Con ogni probabilità la vigilia di Ognissanti era festeggiata in tutta Europa, non solo in Irlanda, anche se è qui che si formò il primo germe della festa di Halloween come la conosciamo oggi. E con ogni probabilità, leggende popolari su apparizioni di anime purganti e di demoni nei giorni dei santi e dei morti esistevano in tutta Europa, non solo in Irlanda (come si è accennato, leggende di questo tipo si tramandano ancora in certe zone d’Italia). Sicuramente queste leggende non avevano alcuna seria giustificazione teologica (l’idea che in certi momenti speciali la barriera fra aldilà e aldiquà diventi più sottile appartiene piuttosto alla cultura esoterica) e tuttavia affondano le loro radici proprio nella teologia cattolica. In altri termini erano certamente leggende, ma leggende cristiane. Le storie di morti e demoni a passeggio fra i vivi avevano un indubitabile valore pedagogico: in primo luogo invitavano i fedeli a pregare per le anime dei defunti, in secondo luogo li aiutavano a non dimenticare che anche loro un giorno sarebbero stati defunti (“memento mori”), in terzo luogo li invitavano a temere gli inganni e le seduzioni del tentatore.
Qualcuno potrebbe obiettare che, se queste leggende potevano cristianamente avere qualche senso, invece non si capisce che senso possa avere, dal punto di vista cristiano, una festa come quella di Halloween. Non bastava tenersi queste istruttive leggende? C’era proprio bisogno di costruirci attorno una festa mascherata piena di dolcetti e scherzetti? Fare festa significa anche ridere e scherzare. Ha senso ridere e scherzare della vita, della morte e di tutte le cose più serie? Ebbene sì, per la Chiesa ha senso. Non a caso, fin dalle origini la Chiesa ha stabilito che tutti i giorni santi siano anche giorni di festa: non soltanto giorni in cui si va a messa, ma giorni in cui ci si diverte in compagnia seguendo precisi rituali, che variano di festa in festa. Così ad esempio ancora oggi a Natale ci si scambiano doni, all’Epifania i bambini ricevono le calze piene di dolci e carbone di zucchero, alla vigilia del mercoledì delle ceneri ci si maschera e a Pasqua si rompono le uova di cioccolato. Consideriamo che nelle epoche più cristiane di feste legate al calendario liturgico ce ne erano molte di più di quelle che sopravvivono a stento oggi. Se i puritani guardavano con sospetto alle feste e in generale a tutte le forme di divertimento, per i cattolici invece ogni occasione era buona per fare festa. Infatti, il Cristianesimo cattolico romano è una religione festosa, che invita a guardare con ottimismo alla vita. Il cattolico è ottimista anche quando fa i conti con i lati oscuri della vita (il peccato, il dolore, la morte) perché sa che Cristo li ha sconfitti. Quindi il cattolico può festeggiare, ridere e scherzare anche pensando alla morte e al diavolo: ed eccoci ad Halloween. Insomma, Halloween è una festa nata per esorcizzare la paura della morte e del diavolo. Perché temerli, se Cristo li ha sconfitti entrambi? E spiace davvero che ai moderni crociati anti-Halloween una festa nata per celebrare la vittoria di Cristo sul demonio appaia proprio come una festa in onore del demonio.
Si è detto che in origine si festeggiavano non soltanto i giorni liturgicamente importanti ma anche le vigilie. Che forma potevano avere concretamente le feste di vigilia? Probabilmente, erano tutte simili alla più famosa festa di vigilia: il martedì grasso, festa della vigilia del mercoledì delle ceneri. Bisogna denunciare che in Italia la propaganda anti-Halloween sta partorendo una propaganda anti-carnevale. I troppi cattolici plagiati dalla propaganda anti-Halloween che viene dagli Usa cominciano a guardare con sospetto alla più nostrana delle nostre feste. Il loro ragionamento è semplice: se Halloween è una festa pagana malamente tinteggiata di cristianesimo, tanto più allora deve esserlo il carnevale, che in origine si sovrapponeva ai Saturnalia orgiastici dell’antichità romana. Nelle loro prediche contro la festa che viene dagli Usa, gli zelanti crociati anti-Halloween cominciano ad infilarci frecciatine avvelenate contro il giovedì grasso e il martedì grasso, che essi descrivono come giorni consacrati al vizio e al peccato. Secondo la loro fantasiosa interpretazione, il carnevale sarebbe la continuazione sotto mentite spoglie degli antichi Saturnalia: all’inizio del Medio Evo, per rendere meno pesanti le privazioni della Quaresima, il Papa avrebbe concesso controvoglia alle genti romane, non ancora pienamente cristianizzate, il permesso di sfogare impunemente i loro bassi istinti negli stessi giorni in cui un tempo si festeggiavano i Saturnalia.
In realtà il carnevale cristiano non è la continuazione sotto mentite spoglie dei Saturnalia: è una radicale alternativa, priva di aspetti orgiastici, ai Saturnalia. Nella tradizione medievale, il carnevale non era il tempo delle orge ma il tempo della “pazzia”: «Semel in anno licet insanire». Durante i festeggiamenti si ballava, ci si facevano scherzi e si ci si burlava dei potenti e degli ecclesiastici. Come in tutte le feste, anche a carnevale c’era gente che si abbandonava agli eccessi viziosi: ma così facendo tradivano lo spirito autentico del carnevale. In epoca illuminista il carnevale, specialmente nella Venezia di Goldoni e Casanova, si tinse di libertinaggio sessuale. Si narra che, nascosti dai costumi e dalle maschere, che garantivano l’anonimato, le persone più maliziose ne approfittassero per abbandonarsi impunemente ad avventure pre-matrimoniali ed extraconiugali. La cattiva fama assunta dal carnevale veneziano non fece che rafforzare i pregiudizi puritani su questa festa cattolica, che in terra americana sopravviveva solo a New Orleans. Ma il libertinaggio sessuale appartiene all’illuminismo, non al carnevale. Infatti durante il tempo della “pazzia”, si sospendevano momentaneamente le convenzioni sociali, ma non le regole della morale. Se nei giorni normali non è moralmente lecito fornicare, non lo è neppure nel giorno della pazzia. Se invece nei giorni normali si rispettano le autorità laiche e religiose, nel giorno della pazzia è lecito deriderle. Se nei giorni normali non sta bene indossare costumi eccentrici (a meno che non si desideri espressamente essere derisi) ed è tassativamente vietato coprirsi il volto (se lo fai, oggi rischi di farti fermare dalla polizia), nel giorno della pazzia invece è tassativo fare queste cose. E poi il giorno successivo, quando si celebra l’eucarestia, la pazzia deve cessare e bisogna tornare alla routine quotidiana. Come il martedì grasso precede il mercoledì delle ceneri, così Halloween precede la festa dei santi. Halloween è un piccolo carnevale nel cuore dell’autunno. Come a carnevale, ad Halloween «licet insanire».
Tanto il carnevale di fine inverno quanto il carnevale di fine estate sono soprattutto feste mascherate. Se togli i costumi e le maschere, che ne resta? Sia detto ancora una volta che costumi e maschere non sono il lasciapassare per commettere liberamente atti immorali (questo pregiudizio puritano sulle maschere di carnevale è stato rilanciato da Stanley Kubrick nel filmEyes wide shut, in cui i partecipanti ad una specie di orgia satanica coprono il volto con le caratteristiche maschere della tradizione veneziana). Costumi e maschere sono prodotti dell’immaginazione fantastica, e indossarli significa entrare – nel breve tempo concesso dal calendario liturgico alla “pazzia” – in una dimensione fantastica. Credo non sia mai stato sottolineato abbastanza questo fondamentale carattere fantastico e onirico del carnevale cattolico.
(continua)

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