Tesori in frantumi

Una voce dall'abisso

Archivi per il mese di “luglio, 2014”

FINE DEL CRISTIANESIMO, FINE DELLA SCIENZA

Ieri alle pagine 50-51 Repubblica è apparso un articolo interessantissimo su cui bisognerebbe riflettere: “Formidabili gli anni 70 della scienza. Ma ora che cosa ci inventiamo?” In sostanza, un ricercatore ha dimostrato che dopo gli anni 70 il progresso scientifico ha cominciato a rallentare. Sono state date diverse spiegazioni a questo fenomeno, ognuno si scelga la sua. Io ne propongo un’altra: negli anni immediatamente successivi alla contestazione del 68 c’è stata una rapida accelerazione del processo di secolarizzazione-scristianizzazione della società, già in atto da decenni. Ebbene, guarda caso, proprio in quegli anni il progresso toccò il suo apice e poi cominciò a rallentare. Evidentemente, la scristianizzazione non ha fatto bene al progresso scientifico.

Punto numero uno, per mandare avanti il progresso occorre avere fede nel fatto che l’universo abbia una struttura razionale. Ma l’ateismo, avendo negato l’esistenza di un Dio-Logos che ordina l’universo in maniera razionale, alla lunga finisce per non credere più nella possibilità stessa di fare scienza, che infatti oggi è attaccata da visioni nichiliste e insopportabili teorie del caos.

Punto numero due, per mandare avanti il progresso tecnologico bisogna prima mandare avanti il progresso scientifico. E per mandare avanti il progresso scientifico, occorre non soltanto avere fede nella razionalità dell’universo ma anche credere fermamente che la conoscenza in sé stessa, svincolata da ogni fine pratico, meramente utilitario, sia un bene in sé stessa e poi occorre avere una inclinazione alle virtù della pazienza e dell’abnegazione. Infatti, il percorso di conoscenza intrapreso di uno scienziato è irto di ostacoli. Per guadagnare un solo successo, lo scienziato deve sopportare una serie di insuccessi. Ma se nessun gli ha insegnato queste virtù, chi glielo fa fare allo scienziato di sopportare una vita di sacrifici? E chi gliele insegna queste virtù, se non la Chiesa? Se invece è impregnato della visione edonista inculcata dall’ateismo di massa, che ha distrutto una dopo l’altra tutte le virtù cristiane, lo scienziato mirerà soltanto ad ottenere risultati immediati e breve termine. Nel concreto, l’edonismo ateo trasformerà la scienza in una piccola scienza che mira solo al profitto, prostituendosi all’industria. Questa piccola scienza venale è ben rappresentata nel film di culto Blade Runner, laddove il capo della Tyrrel corporation dice: “Il business è il nostro scopo,  più umano dell’umano è il nostro motto”. Ebbene, oggi non siamo tanto lontani dalla Tyrrel Corporation. Infatti, oggi on abbiamo grandi scoperte scientifiche ma solo grandi invenzioni tecnologico-commerciali (dall’ipod all’ipad allo smartphone) e nuove tecniche per la manipolazione della vita (fecondazione assistita eccetera) finalizzate a soddisfare i desideri edonistici-egoistici degli individui (soprattutto il desiderio di figli sani e belli a tutti i costi). 

P. S. Quest’anno si commemora l’anniversario dello sbarco sulla Luna: l’ultima grande impresa scientifica basata su una grande visione della scienza e dell’uomo. Ebbene, non è affatto casuale che molti degli astronauti e molti scienziati che lavoravano al progetto Apollo (compreso Buzz Aldrin) fossero cristiani. Buzz Aldrin citava la Bibbia mentre era in orbita, mentre altri astronauti, nelle successive missioni, si confessarono e comunicarono prima di imbarcarsi.

CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE DELLA LEGGE A FAVORE DELL’EUTANASIA

Prima fase: alcuni malati incurabili chiedono la morte, e i medici pietosi li accontentano.

Seconda fase: i parenti convincono malati incurabili a chiedere la morte (ossia a togliersi di mezzo per non rovinare le loro ferie), e i medici pietosi li accontentano.

Terza fase: i medici pietosi cominciano a somministrare la morte anche ai malati che non la chiedono e che non la desiderano, ma che non possono esprimere la loro opinione perché magari sono in coma. “Se potessero parlare – dicono i medici pietosi – chiederebbero sicuramente la morte”.

Quarta fase: i medici pietosi cominciano a somministrare la morte anche ai malati curabilissimi che chiedono la morte perché sono affetti da manie suicide a causa della solitudine e della depressione.

Quinta fase: i medici pietosi somministrano la morte ai malati curabilissimi che non hanno manie suicide. “Se fossero meno egoisti, chiederebbero loro stessi di non pesare più sul sistema sanitario nazionale. Se inoltre conoscessero bene la teoria di Darwin, saprebbero inoltre che i deboli e i malriusciti non devono vivere e riprodursi per non danneggiare la specie”.

E a quel punto riapriranno le camere a gas per i deboli, i malriusciti, i malati mentali e gli individui di “razza inferiore”.

L’EUTANASIA E’ UN COROLLARIO DELL’EUGENETICA NAZISTA
I PRIMI AD ADOTTARLA FURONO I NAZISTI
L’AKTION T4 (PIANO DI STERMINIO DEI DISABILI) E LA STESSA “SOLUZIONE FINALE” FURONO CONCEPITE COME “EUTANASIA PIETOSA” PER LE “VITE INDEGNE DI VITA”.

Voi direte: per il momento i paesi in cui l’eutanasia è legale stanno passando ancora attraverso prima fase. E no, non siete informati: l’Olanda sta per entrare nella quarta fase, la quinta seguirà a ruota.

 

 

 

GLI SCIENZIATI DICONO CHE LA FEDE RENDE STUPIDI. E come mai la scienza è nata dalla fede?

 

Bambini esposti a religione hanno difficoltà a distinguere la realtà dalla finzione. Lo studio su Cognitive Science (FOTO)

 

Uno studio scientificissimo e convincentissimo ha dimostrato in maniera scientificissima e convincentissima che la religione cattolica, con tutti i suoi miracoli, lesiona irrimediabilmente la mente innocente dei poveri fanciulli, rendendoli incapaci di distinguere fra realtà e fantasia.
Accidenti, mi hanno convinto… Oh no, restano alcuni dettagli marginali da chiarire..
Don’t panic: sono sicura che gli illuminati benpensanti benestanti che hanno redatto questo scientificissimo e convincentissimo studio sapranno spiegarmi in maniera scientificissima, convincentissima e pure brillantissima come mai, se è vero che la religione cattolica distacca la mente dalla realtà, la scienza sia nata da una costola della teologia (haimé, lo hanno dimostrato in maniera definitiva degli studiosi rompiballe come Thomas Woods e Rodney Stark, per tacere di altre decine di studiosi rompiballe che non leggono l’Huffington Post) e come mai, quando l’Europa divenne cristiana, scomparvero una dopo l’altra tutte le divertenti superstizioni magiche lasciate in eredità dal paganesimo antico (perché quei rompiballe di preti e vescovi si ostinavano a combatterle), e come mai, quando il Cristianesimo cominciò a indebolirsi per merito di eroici umanisti prima ed eroici illuministi dopo – che l’Eterno Ritorno li abbia in gloria! – non solo comparvero nuove superstizioni (l’alchimia e la superstizione stregonica, per dirne solo due) ma cominciò ad emergere una piaga prima sconosciuta all’umanità: la tossicodipendenza di massa.
Per quanto riguarda la caccia alle streghe, decine di studiosi rompiballe ha dimostrato che la stregoneria era sconosciuta nel Medioevo, apparve nel Rinascimento in area protestante (soprattutto grazia ad un ceto Lutero, che i preti e i vescovi no li poteva vedere) ed infine fu stroncata – avete letto bene: stroncata – dai tribunali della santa inquisizione.
Per quanto riguarda la droga una abbondante letteratura testimonia che hashish e oppio cominciarono a diffondersi in maniera virale alla fine del Settecento, prima fra le classi nobiliari e poi fra il popolo. Francamente, non mi risulta che una mente sconvolta tipo “paura e delirio a Las Vegas” sia molto capace di distinguere la realtà dalla fantasia. E taccio sulla diffusione epidemica di nuove superstizioni nel mondo moderno. se alla fine dell’Ottocento positivista andavano forte le sedute spiritiche, oggi invece vanno forte gli ufo i rettiliani, le scie chimiche, l’astrologia, i microchip sottopelle e pure la dieta del gruppo sanguigno, o quella del ph.
Infine, questi illuminati e illuminanti studiosi sapranno sicuramente farmi capire come mai, se è vero che la religione uccide la scienza mentre l’ateismo la scienza, oggi tizi atei e nichilisti come Umberto Galimberti sostengono sulla scorta di Friedrick Nietzsche – eroico combattente contro il cristianesimo, che l’Eterno Ritorno lo abbia in gloria! – che la scienza è una favola come la religione.
O Santo Eterno Ritorno, Sacra Materia universale, non sarà mica vero che chi non crede in Dio prima crede in tutto, anche nei rettiliani, e poi finisce per non credere più in nulla, neppure nella scienza? 

IL PECCATO? UN PIACERE BLOCCATO.

Articolo apparso sul numero di Pepe uscito in marzo: 

PECCATO

Una volta il peccato in tutte le sue forme appariva scandaloso (“dare scandalo” significa letteralmente esibire in pubblico determinati peccati, in primo luogo quelli di carattere sessuale). Invece oggi è il concetto stesso di “peccato” a suscitare scandalo. La cultura contemporanea ammette il concetto di reato ma non quello di peccato. La differenza fondamentale fra reato e peccato, è che il primo è allo stesso tempo immorale e contrario alle norme del contratto sociale, mentre il secondo è immorale ma non contrario a tali norme. Nel concreto, uccidere e rubare sono allo stesso tempo peccati e reati, mentre commettere atti di lussuria e abbandonarsi all’iracondia sono solo peccati. Ebbene, per la cultura contemporanea nulla può essere considerato peccato in quanto nulla, a parte i reati, può essere vietato all’uomo. Sembra proprio che oggi si ammetta il termine “peccato” solo come sinonimo di piacere e perfino di bellezza. Ad esempio, nel linguaggio pubblicitario le espressioni “peccati della gola” e “peccati della carne” hanno tutto fuorché una connotazione negativa. Per quanto riguarda l’arte, oggi l’aggettivo “scandalosa” riferito ad un’opera d’arte (cinematografica, letteraria, teatrale eccetera) è quasi sempre sinonimo di “bella”. Evito di fare l’elenco dei film semi-pornografici che hanno entusiasmato critica e pubblico dei festival cinematografici perché sarebbe troppo lungo.

Se la cultura contemporanea associa il concetto di peccato al concetto di piacere, invece una certa cultura cattolica associa il concetto di virtù al concetto di dovere senza piacere ed inoltre separa il concetto di bene dal concetto di bello. Ma siamo seri: chi preferisce il dovere al piacere? E chi preferirebbe una virtù intesa come puro dovere ad un peccato inteso come fonte di piacere?  Quindi, una debole cultura cattolica incentrata su un astratto dovere ha poche possibilità di contrastare efficacemente la diffusione di una cultura edonista, che esalta specialmente i peccati della carne.

La condizione fondamentale per combattere contro la cultura edonista e permissiva è ricomporre la frattura culturale fra etica ed estetica ed anche fra etica ed edonismo. Si tratta infatti di fratture dolorose, che contraddicono la natura profonda dell’essere. A livello spirituale, il bello è l’apparire del bene. Andando più a fondo, Dio è Verità, Bene e Bellezza infiniti. Parallelamente, per quanto possa sembrare scandaloso a certi cattolici, inconsapevolmente impregnati di anti-edonismo puritano, a livello spirituale il bene è intrinsecamente piacevole, dal momento che è orientato al “sommo piacere” (Paradiso XXXIII, 33). In altri termini, la Verità, il Bene e la Bellezza infiniti sono fonte dell’infinito piacere della beatitudine. Scrive a questo proposito Von Balthasar: «La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indissolubile rapporto». 

Come il bello è l’apparire del bene, così il brutto è l’apparire del male. Contrariamente alle apparenze, nel male non c’è nulla di bello e di piacevole. Peccare non significa semplicemente contraddire una norma astratta ma distruggere qualcosa di bello. E ‘ come appiccare il fuoco un giardino meraviglioso oppure fare a pezzi con l’accetta una grande opera d’arte. Anzi, peccare è come sfregiare il proprio volto, rendersi brutti e ripugnanti. Purtroppo, basta una parola cattiva per rendersi brutti. Per fortuna, basta pentirsi davanti al confessore per tornare belli.

Dunque, a livello spirituale il bene è bello e piacevole mentre il male è brutto e spiacevole. Ma abitiamo nel mondo materiale, non nel cielo dello spirito. Certamente non possiamo accogliere l’idea gnostica e catara che la materia sia intrinsecamente “cattiva” e fonte di ogni male. Per chiarirci, la radice ultima del male è tutt’altro che materiale: il diavolo è puro spirito. Tuttavia, sappiamo che il peccato originale ha prodotto una frattura fra spirito e materia. Pure non essendo intrinsecamente cattiva, la materia in qualche misura offusca, “disturba” – come le interferenze disturbano un segnale radio – la manifestazione del vero, del bene e del bello, che sono realtà spirituali (“universali” nel linguaggio tomista).  Ad esempio, la bellezza di un dipinto antico può essere offuscata dalla sporcizia dei secoli e dal degrado dei materiali. Più prosaicamente, le macchie possono imbruttire irrimediabilmente un bel vestito. Analogamente, anche se conosciamo perfettamente l’unica e immutabile idea di bene, non è mai facile capire che cosa è giusto fare in ogni circostanza materiale, dal momento che ogni circostanza è diversa dall’altra.

Dunque, la materia non ostacola ma comunque offusca in qualche misura l’apparire degli “universali”. Ma consideriamo soltanto l’universale bene. Oltre a non manifestarsi sempre chiaramente in ogni materiale circostanza, il bene non appare sempre come bellezza. Cristo, Dio fatto uomo, non può che essere “il più bello dei figli dell’uomo”. Ma il profeta Isaia ci avverte: «Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere» (53,2). Cristo è bellissimo ma la sua bellezza non appare mai in tutto il suo splendore. Durante la Passione, appare addirittura sfigurata. Il corpo di Cristo appare devastato dalle ferite e dai segni delle percosse, le espressioni di sofferenza tolgono grazia al suo viso. La Passione e la Morte di Cristo insegnano che la sofferenza è la condizione misteriosa dell’amore. Non può esserci amore senza sacrificio e non può esserci sacrificio senza dolore. Non ama veramente chi non è pronto a compiere qualche sacrificio per il bene della persona amata. In generale, fare il bene costa sempre una certa quantità di fatica e sacrificio, ora piccola o piccolissima e ora grande. Come dunque il più bello dei figli dell’uomo diventa “simile a verme” durante la Passione (Cfr. Samo 21 22: «Ma io sono un verme e non un uomo, \ rifiuto degli uomini, disprezzato dalla gente. \ Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, \ storcono le labbra, scuotono il capo.»), analogamente i comportamenti virtuosi e le opere buone possono apparire poco piacevoli se non del tutto spiacevoli, quando non gravose. Senza dubbio, usare un po’ del proprio tempo libero per soccorrere i bisognosi non è entusiasmante come andare al cinema o allo stadio.

La fatica e il sacrificio sempre inevitabilmente connessi allo sforzo di fare il bene sono condizione non soltanto dell’amore ma anche della libertà. Se il bene apparisse sempre bello, se in altri termini fare le opere buone fosse sempre piacevole, tutti aderirebbero sempre irresistibilmente al bene e quindi nessuno ne avrebbe il merito. Invece, un atto buono è un atto meritevole proprio perché è difficile.

Dunque il bene può apparire poco attraente, in certi casi addirittura brutto. Simmetricamente, il male può apparire addirittura bello. Ad esempio, la fedeltà coniugale appare meno attraente del libertinaggio, la generosità appare meno seducente dell’avidità. Nel monte del Purgatorio il peccato si presenta a Dante pellegrino nella forma simbolica di una bellissima, seducente sirena. Ma in realtà la sirena è una pura apparenza, quasi una illusione ottica che nasconde una «femmina balba, \ ne li occhi guercia, e sovra i piè distorta, \ con le man monche, e di colore scialba» (Purgatorio, XIX, vv. 7-9).

Peccare significa propriamente cedere alle lusinghe di una “sirena” ossia ad una apparenza di piacere e di bellezza. Il male può rivestirsi di una apparenza di bellezza, ma la bellezza non appartiene al male, è addirittura incompatibile col male. Il diavolo è “scimmia di Dio”: non può produrre un solo briciolo di bene e bello ma soltanto copie ingannevoli e distorte di essi. Per fare un solo esempio, il numero esorbitante di morti causato dal comunismo prova in maniera chiara e incontrovertibile che il concetto marxista di “giustizia sociale” è una imitazione menzognera, distorta, diabolica del vero concetto di giustizia. Per quanto possa apparire scandaloso ai non pochi cattolici divenuti inconsapevolmente puritani, neppure il piacere appartiene al male in quanto tale. Il tentatore può usare il piacere naturale come esca, ma non può produrlo. Il piacere del peccato è un uso distorto e un abuso del piacere naturale in quanto tale. Ad esempio, la lussuria è un abuso del piacere sessuale, che ultimamente è un dono di Dio all’uomo. Per quanto riguarda la lussuria, il tentatore usa come esca non soltanto il piacere ma anche la bellezza dei corpi, che è opera di Dio. Sant’Agostino sottolinea che spesso dietro la lussuria c’è l’amore per la bellezza dei corpi, che come è noto sono ad immagine e somiglianza di Dio. Egli descrive la lussuria come una maniera sbagliata e fallimentare di godere della bellezza dei corpi, che ultimamente allude alla Bellezza assoluta, infinita. Dal momento che dunque quel vizio deplorevole contiene due giusti amori (l’amore per il piacere sessuale e l’amore per la bellezza dei corpi) sant’Agostino si spinge addirittura a tessere un paradossale elogio della lussuria. Senza concedere la benché minima giustificazione al peccato, il santo elogia l’amore che i lussuriosi hanno per la bellezza dei corpi, invitandoli a liberare questo amore dal vizio carnale che lo imprigiona e a dirigerlo al suo vero oggetto, che è la bellezza di Dio. Analogamente, egli tesse un elogio paradossale della superbia, invitando i superbi a liberare il giusto amore di sé stessi dalla prigione della sopravvalutazione di sé stessi.

I sette vizi capitali sono distorsioni ed esasperazioni di giuste inclinazioni e giusti “amori” per le cose. In effetti, alla radice dei vizi c’è l’idolatria. Idolatrare significa aspettarsi la soddisfazione del desiderio di felicità da qualcosa che non è Dio: dal sesso (lussuria) dal denaro (avidità), dai beni materiali e spirituali altrui (invidia), dall’ammirazione altrui (vanità), dai propri successi mondani (superbia) eccetera. Ma appunto, l’idolatria è sbagliata per la semplice ragione che nessun bene o circostanza terrena potrà soddisfare il desiderio di felicità, perché tutti i beni terreni sono finiti, mentre il desiderio dell’uomo è infinito. Il nostro cuore non desidera soltanto questo o quel piacere, ma soprattutto il “sommo piacere” del paradiso. Consapevoli del fatto che i beni terreni sono finiti, non dobbiamo disprezzarli ma piuttosto usarli in funzione dell’infinito. Il sesso, il denaro, il cibo, i successi professionali e tutto il resto sono cose importanti, che dobbiamo gustare come piccole anticipazioni dell’infinito e utilizzare come strumenti di un bene più grande, che è il regno di Dio.

Abbiamo visto che su questa terra, paradossalmente, il bene può apparire brutto e il male può apparire bello. In altri termini, fare il male è nell’immediato (solo nell’immediato) più piacevole che fare il bene. C’è una certa analogia fra il peccare e il drogarsi. La straordinaria eccitazione e le favolose allucinazioni donate dalla droga sono immediate ma effimere: si disperdono in fretta, lasciandoti più infelice e depresso di prima, per tacere delle devastanti conseguenze sulla salute. I piaceri peccaminosi non sono meno effimeri dei piaceri stupefacenti, considerando che gli stessi piaceri stupefacenti sono peccaminosi. Prendiamo ad esempio un uomo stanco della moglie. Una bella amante può donargli nell’immediato tutte le emozioni e i piaceri che la moglie non può più donargli, ma si tratta di emozioni e piaceri che sono necessariamente effimeri. Le amanti “durano” poco: bisogna cambiarle spesso (date un’occhiata alla vicenda del presidente francese Hollande, che ha “tradito” l’amante dopo avere tradito la moglie). Inoltre, i piaceri e le emozioni dell’adulterio non lo rendono più felice, mentre paradossalmente lo sforzo della fedeltà alla lunga può riservare molte piccole gioie, che sono tanti piccoli anticipi dell’infinito. Più precisamente, il peccato di adulterio, per quanto piacevole, lo porta più lontano dal destino ultimo, che è “sommo piacere”, mentre la fedeltà coniugale, anche se sembra del tutto priva di piacere, lo fa avvicinare sempre di più al “sommo piacere”. In sostanza, la strada che porta all’infinita felicità, passa proprio attraverso la “porta stretta” della fedeltà coniugale e, più in generale, della pratica del bene.

Dunque per resistere alla seduzione del male occorre la capacità di riconoscere sempre immediatamente che, al di sotto delle sue seducenti apparenze, il male è brutto, spiacevole, ripugnante. Ma c’è qualcuno che è capace di provare una istintiva ripugnanza del male? Neppure il più integerrimo e fedele uomo sposato riuscirebbe a non sentirsi, suo malgrado, attratto dal peccato di adulterio. E quanto a lungo potrebbe resistere, se fosse tentato ogni giorno, ogni ora, da una donna di eccezionale bellezza? Non solo l’adulterio e la lussuria, ma ogni “vizio capitale” è seducente. Noi possiamo avere mille ottime ragioni per detestare ognuno dei sette vizi capitali, possiamo addirittura scrivere interi trattati contro il peccato, ma non per questo smetteremmo di provare una certa istintiva inclinazione verso uno o più vizi capitali. Questa nostra scarsa capacità di resistere alla seduzione del male ha una causa precisa: il peccato originale. Dal momento che ogni uomo ha dentro la ferita del peccato originale, nessun uomo è capace di non commettere mai peccato. Per quanto sia faticoso da ammettere, noi siamo inevitabilmente peccatori. Ma non dobbiamo disperare: Dio ci offre il suo perdono e ci dona la sua grazia, che ci rende sempre meno incapaci di resistere alla seduzione del peccato.

Come si dice, errare è umano, perseverare è diabolico. In altri termini, cedere di tanto in tanto alla seduzione del peccato è inevitabile e quindi scusabile, cedervi sempre e consapevolmente, per partito preso, è inescusabile. Inoltre, la perseveranza nel peccato genera il vizio, che è una forma di dipendenza dal peccato. C’è una certa analogia fra il vizio e la tossicodipendenza: come il tossicodipendente è alla continua ricerca di “dosi”, così il vizioso cerca sempre affannosamente di rinnovare i piaceri effimeri del peccato. Come la droga crea una dipendenza quasi sempre mortale, così “chi commette peccato è schiavo del peccato”. (Segnalo che nel memorabile film The addiction, diretto da Abel Ferrara, una paradossale tossico-dipendenza vampiresca da sangue, che si trasmette come un virus da persona a persona, diventa metafora del peccato.) Non a caso, Jacques Maritain diceva che la droga è “sacramento di Satana”.

Da un certo punto di vista, possiamo paragonare il peccato all’illusione, dal momento che il piacere del peccato è illusorio. Amare il peccato in quanto tale, sapendolo peccato, è come amare l’illusione sapendola illusione. In una scena significativa del film Matrix (fratelli Wachowski, fantascienza, Usa, 1999) il “traditore” Cypher dice all’agente Smith: «Io so che questa bistecca non esiste, so che quando la infilerò in bocca, Matrix suggerirà al mio cervello che è succosa e deliziosa. Dopo nove anni, sa che cosa ho capito? Che l’ignoranza è un bene». Subito dopo, Cypher (il cui nome allude evidentemente a Lucypher: Lucifero) vende il “messia” Neo (la cui figura allude chiaramente a Cristo) agli agenti di Matrix in cambio della illusione di una vita dorata. Riferimenti evangelici a parte, questa scena pone un quesito interessante: se si tratta di scegliere fra una illusione bella e una realtà brutta, perché non bisognerebbe scegliere l’illusione? Se la nostra vita è grigia, perché non dovremmo drogarci o in alternativa chiuderci per tutta la vita dentro un apparecchio che crea una stupenda realtà virtuale? Su un altro piano, se la pratica del bene è difficile a faticosa, perché non dovremmo preferire il piacere immediato fornito dal peccato? Non è meglio arricchirsi spropositatamente e disonestamente derubando i risparmiatori a Wall Street (in riferimento al film di Martin Scorzese The wolf of Wall Street) piuttosto che vivere onestamente con 2000 euro al mese?

In effetti, a giudicare dallo incremento esponenziale del consumo mondiale del “sacramento di Satana”, al giorno d’oggi molti scelgono l’illusione. Ma l’illusione ha le gambe corte. Per quanto belli e appaganti, i piaceri illusori generati dalla droga o dalla vita dissoluta non ti fanno avvicinare di un centimetro alla vera felicità. Per quanto possa essere dura e spiacevole, è nella realtà che si gioca la partita della felicità. Per “vincerla”, bisogna fare il bene. Ma il Bene, il Vero e il Bello assoluti non sono rimasti in cielo. Dio si è incarnato in Cristo, che entra nella realtà per aiutarci a giocare questa partita.

Come si è detto, paradossalmente in questa terra il bene appare spesso meno seducente del male e la bellezza stessa di Cristo non appare subito in tutto il suo splendore. Ma appunto, si tratta solo di apparenze. A lungo andare, se lo si segue portando la propria croce, la presenza di Cristo, che si manifesta attraverso le persone che compongono la sua Chiesa, appare più attraente di qualunque altra cosa o persona al mondo. Capisci che tutto il mondo anzi tutto l’universo è nulla in confronto a lui e allo stesso tempo ti accorgi che la sua presenza illumina ogni cosa che è nell’universo. In sua compagnia, ogni cosa diventa più interessante. Anche un boccone di carne “succosa e deliziosa”, se lo mangi in sua compagnia è più buono.  

Navigazione articolo